Il cavaliere e il drago

Dario 9 anni (Italia)

C’era una volta un regno prospero, dove la natura era rigogliosa e gli abitanti felici. I sovrani erano saggi e benevoli, e dominavano il territorio da una grande fortezza in cima a una collina alberata.

Un giorno però, sui campi, sui boschi e sui villaggi calò un’ombra: un grande drago comparve all’orizzonte, seminando il terrore. Era una bestia enorme, rilucente di scaglie verdi e dotata di grandi ali, artigli affilati e una bocca irta di zanne da cui sputava fuoco. Il drago, annunciato dallo spostamento d’aria e da una cupa ombra nel cielo, planava all’improvviso, uccidendo il bestiame e incendiando i campi di grano. Non appena veniva avvistato, tutti correvano a chiudersi in casa, ma nemmeno lì erano al sicuro: le case di legno prendevano fuoco come erba secca.

I sovrani aprirono le porte della loro dimora a tutti coloro che vi si volevano rifugiare. La fortezza aveva torri e bastioni possenti, in grado di resistere a qualunque assalto. Così molti presero con sé i loro averi più preziosi e si trasferirono dentro le sue mura.

Per quanto il drago volasse in cerchio sopra di essa, sputando fuoco e dando colpi con la terribile coda, le mura tenevano. Dopo qualche settimana però lo spazio per muoversi scarseggiava, e così il cibo, mentre fuori il raccolto marciva nei campi. Ben presto sarebbero stati costretti a scegliere se morire di fame o affrontare il mostro.

Quando ormai la situazione sembrava disperata, capitò da quelle parti un giovane cavaliere, che aveva lasciato paese e famiglia per girare il mondo in cerca di avventure. Giunto ai confini del regno, vide i campi vuoti e le case sbarrate, e fu turbato dal silenzio spettrale che gravava sulla regione. Si fermò nell’unica locanda aperta, e il taverniere, in preda all’angoscia perché ormai non aveva più clienti, gli raccontò del drago.

Subito il cavaliere, che era di buon cuore e desiderava anche mettersi alla prova, decise di andare alla fortezza. Quando però vide da lontano il drago volare su di essa e udì il terribile ruggito emesso insieme alle fiamme, il suo cuore sprofondò. Lui era solo un uomo, dopotutto, come poteva pensare di sconfiggere una tale forza della natura?

Così si allontanò e, giunto al riparo di un bosco, si sedette con la testa tra le mani, sconfortato.

«Perché sei triste, cavaliere?» chiese una vocina sottile, facendolo trasalire.

Lui alzò la testa e scrutò all’intorno, ma non vide nessuno.

«Sono quaggiù.»

Ai piedi di un albero spuntava un grosso fungo e, sopra, stava in piedi una figuretta, una donnina in miniatura con due alucce trasparenti sulla schiena.

«Chi sei?» le chiese, sgranando gli occhi.

«Sono uno spirito di questi boschi» rispose la fatina. «Ahimè, da quando è comparso il drago anche noi fate siamo in pericolo.»

Il cavaliere sospirò. «Vorrei tanto potervi aiutare, ma non sono all’altezza.»

«Certo che lo sei.»

Lui guardò la propria spada, lucente e affilata, ma appena uno spillo se messa a confronto con la mole del drago.

«Quella non ti serve» disse la fata.

«Come? Dovrei affrontarlo disarmato?»

L’esserino sbatté le ali, spandendo nell’aria una fine polvere d’argento, e apparve una bottiglia di vetro, piena di uno strano liquido luminescente. «Devi avvicinarti al drago il più possibile e lanciargliela addosso» spiegò. «Contiene un potente incantesimo, fatto da me e dalle mie sorelle.»

«Questo lo ucciderà?» chiese lui, guardando dubbioso la bottiglia.

La fata però era sparita, lasciandosi dietro solo uno sbuffo di scintille d’argento.

Il cavaliere si fece coraggio e decise che, se qualcuno contava su di lui, era suo dovere aiutarlo. Così approfittò di un momento in cui il drago si era allontanato e raggiunse di corsa la fortezza.

«Andate via» urlarono le guardie, quando bussò. «Non c’è più posto.»

Lui spiegò che era lì per salvarli. Seppure dubbiosi, specie dopo aver visto che era solo un giovanotto e neanche tanto robusto, lo fecero entrare.

Salì in fretta sul tetto della torre più alta e si nascose dietro il parapetto, col cuore che batteva all’impazzata. Non appena avvertì lo spostamento d’aria che annunciava l’arrivo della bestia, strinse forte la bottiglia magica e prese un bel respiro, quindi si alzò in piedi. Il drago lo vide e aprì le fauci per incenerirlo, ma lui fu più svelto e gli tirò la bottiglia, colpendolo in pieno sul muso.

Ci fu un’esplosione di luce accecante, e quando poté vedere di nuovo il drago non era più sopra di lui. Si era posato sul parapetto poco più in là, e lo fissava.

Rimase senza parole, temendo che la magia non avesse funzionato, e fu il drago a parlare per primo. «Ti ringrazio, cavaliere.»

«Come mai mi ringrazi?» chiese, sempre più stupito.

«Ero molto malato» spiegò. «Il dolore era così forte che mi faceva impazzire e avrei voluto distruggere tutto pur di mettervi fine. Ma la tua pozione mi ha guarito.» Detto ciò, spiegò le ali, si librò in volo e ben presto divenne una macchiolina all’orizzonte.

L’intera fortezza si congratulò con il cavaliere e quella sera venne organizzata una festa in suo onore. I sovrani gli offrirono come ricompensa di restare al castello, ma lui cortesemente rifiutò.

Il giorno seguente ripartì, più fiducioso, in cerca di nuove avventure e, forse, di altri draghi da salvare.

Laura Baldo

Pubblicato da Piccoli Grandi Sognatori

Progetto creativo e dinamico per grandi e piccini. Immagini e parole a servizio della fantasia.

2 pensieri riguardo “Il cavaliere e il drago

  1. Fluido e interessante il racconto del drago e del cavaliere…mi fa riflettere…il dolore può renderti poco attento ed egoista..vorresti distruggere te stesso e il mondo che ti circonda… Complimenti Laura!

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