
Il giardino era senza dubbio il più bello che si fosse mai visto. Era anche il primo che fosse mai stato creato, quindi non c’erano molti termini di paragone.
La sua caratteristica più singolare e straordinaria era la totale assenza di persone a disturbarlo. Gli alberi crescevano rigogliosi e intricati, e ai loro piedi spuntava un tappeto spontaneo di fiori, di ogni varietà e colore: le timide violette si facevano largo tra slanciati tulipani e orgogliosi cespugli di rose.
Le stagioni non esistevano, e il giardino incantato godeva di una perpetua estate. Le piante non morivano mai, così come i molti animali che ci abitavano: cervi, lepri, porcospini, cardilli… Se non conoscete i cardilli è del tutto normale, infatti non sono mai usciti dal giardino, e nessuno ha idea di come fossero fatti.
Un giorno la sonnacchiosa pace del luogo venne turbata da un fatto nuovo. Appena la notizia si sparse, tutti gli animali corsero a vedere, chi zampettando, chi strisciando e chi volando. I garofani scuotevano le corolle variopinte sussurrando tra loro e consultandosi con l’alta quercia per capire cosa succedesse. Finché un merlo venne a posarsi su un ramo, dove iniziò a lisciarsi le piume candide ‒ giacché a quell’epoca i merli erano ancora bianchi, ma questa è un’altra storia ‒ e annunciò che il Grande Giardiniere avrebbe creato qualcosa di completamente nuovo.
Tutti quelli in grado di spostarsi si riunirono in una vasta radura piena di fiori, che tendevano le testoline bianche, gialle o rosa verso l’alto per vedere meglio.
Ed ecco che dal cielo venne una luce accecante, e quando svanì al centro del prato giaceva una creatura nuova, dallo strano colore rosato.
«Non ha la pelliccia!» esclamò mamma tasso, portandosi inorridita le zampette al muso.
«Non ha le foglie» cinguettò la voce argentina della betulla.
«Non ha nemmeno uno straccio di petalo» borbottò la rosa, chinando il capo orgoglioso per guardare meglio. Per la sorpresa perse un petalo, che andò a finire su quello che sembrava il muso dello strano essere.
Questo aprì gli occhi e starnutì con violenza.
«Salute» disse automaticamente la civetta. Tutti lo ripeterono, pur senza sapere perché: la civetta era notoriamente molto saggia.
«Salve a tutti» disse il nuovo venuto, mettendosi a sedere. «Io sono Adamo.»
«Cos’è un adamo?» chiese la volpe, diffidente.
«Adamo è il mio nome. Sono un essere umano.»
Quest’ultima nuova causò una serie di consultazioni sussurrate tra le piante e gli animali presenti.
«Sarà una cosa buona?»
«Non sembra male, anche se è un po’ bruttino.»
«Badate a me» disse il corvo, nel suo abituale tono funereo. «Ci porterà solo sciagure.»
Nessuno ovviamente gli badò. Passato lo sconcerto iniziale, accolsero il nuovo venuto con canti e festeggiamenti.
Adamo sorrise con gratitudine, dopodiché iniziò a esplorare il giardino, a cogliere fiori, a inventare nomi per tutti ‒ anche chi già ce l’aveva o non lo voleva ‒ e a tirare la coda agli animali.
Alla fine fu chiaro che Adamo si annoiava moltissimo. Così il Grande Giardiniere ebbe l’idea di creargli una compagna. La nuova venuta, Eva, suscitò ancora più sensazione. Tutti erano concordi che fosse bruttina quanto l’altro, ma aveva un non so che di più aggraziato, che incontrò anche la riluttante approvazione della rosa.
Le due creature qualche volta erano un po’ moleste, ma tutto sommato innocue, e presto divennero parte integrante del giardino.
Un giorno Eva si avvicinò a un albero che cresceva in una zona un po’ isolata, e guardò incantata i suoi frutti.
«Sono proibiti» gracchiò la cornacchia. «Questo è l’albero della conoscenza del bene e del male.»
«Perché solo questi, tra tutti?»
La cornacchia non aveva una risposta, si limitò a dire: «Così ha stabilito il Giardiniere.»
«Non è mica giusto» si lamentò Eva. «Adamo, senti qui. Dice che non possiamo mangiare i frutti di quest’albero.»
Lui allargò le mani. «Ma Eva, scusa, che cosa te ne importa? Ce ne sono tanti altri.»
Lei mise il broncio, e quella notte Adamo fu visto dormire da solo.
Mentre Eva era stesa sul prato a rimuginare, il serpente strisciò verso di lei. C’è chi sostiene che il serpente fosse una spia del Grande Disseccatore, ma è anche possibile che i suoi motivi fossero più banali, e che fosse solo stanco di rischiare di venire calpestato da quelle due goffe creature rosa.
Come che fosse, si avvicinò all’orecchio di Eva e sussurrò: «Non vogliono che mangi quei frutti solo perché sono i più buoni del mondo. Il Giardiniere li divide solo coi suoi favoriti, qui è tutto un magna magna.»
Eva ci rifletté. «Non so… Se qualcuno mi vede?»
«Farò la guardia io. Non se ne accorgerà nessuno.»
E queste potrebbero essere iscritte a buon diritto tra le ultime parole famose. Qualcuno infatti se ne accorse, e fu così che dopo aver mangiato i frutti Eva e Adamo furono cacciati via.
Gli altri abitanti li guardarono varcare il cancello dispiaciuti. Dopo la loro partenza molti ebbero l’impressione che il giardino fosse diventato anche troppo tranquillo.
Laura Baldo