Barg

Emma 9 anni (Italia)

C’era una volta un cavalluccio marino di nome Barg che se ne andava in giro per i fondali, mostrando tutto fiero il dorso e il petto ricoperti di tondeggianti protuberanze rosso intenso che contrastavano col bianco del suo piccolo corpo. Barg era un cavalluccio assai vivace: zigzagava fra le rocce, piroettava attorno ai coralli, con le sue folli corse faceva perdere la rotta a pigri pesci napoleone e travolgeva intere famiglie di pesci farfalla.

«Un giorno di questi ti pungerò con le mie creste!» gli gridava dietro un pesce tang, un pesciolino più giallo del sole, ma dal caratterino niente affatto amichevole.

Barg, però, non ascoltava mai né proteste e né ammonizioni. Lui era un cavalluccio giovane, gagliardo, che voleva solo divertirsi; come facevano quei noiosoni a non capirlo? Certo, ogni tanto capitombolava e si ammaccava contro i sassi o si feriva contro i coralli e, almeno un paio di volte, i denti delle murene erano schioccati a pochi centimetri dalla sua pinna dorsale, ma era il gusto del rischio, no?

Tutti conoscevano il destino dei cavallucci: prima o poi si trovavano una compagna e passavano il resto della vita a sfornare avannotti e badare a loro e mica lo avrebbe fatto lei, no, il grosso del lavoro sarebbe toccato a lui. Così, fin che poteva, Barg scorrazzava nelle acque azzurre e trasparenti della barriera.

Un giorno Barg si accorse che c’era una femmina che scuoteva la pinna caudale tutte le volte che gli passava davanti, lui la guardava solo quando era sicuro che lei fosse girata, ma una volta lei si girò e lo sorprese a fissarle la corazza ossea di un bel rosso carminio. Detto fatto e Hyppa gli si appiccicò come un’attinia a un paguro e Barg non riuscì più a togliersela di dosso.

Lei chiacchierava e chiacchierava di come già si vedesse con lui dentro un bel cespo di lattuga di mare con tanti bei figlioletti che gli nuotavano intorno e a Barg veniva voglia di piangere o dar la testa contro un riccio di mare, giusto per mettersi fuori combattimento e non sentirla per un po’.

«Io con te non ne farò mai manco mezzo avannotto!» esclamò un giorno gonfio di rabbia più di un pesce palla. «Trovati un altro, ho da giocare, io.»

«Barg,» lo chiamò lei con la voce piccola, ma lui non si voltò e se ne andò per i fatti suoi.

Alla sera Hyppa non era ancora rientrata alla barriera e Barg, spinto a colpi di muso dal tang che lo minacciava con la sua cresta, andò a cercarla per scusarsi.

Nuotò e nuotò finché non arrivò in una foresta di alghe rosse e rosa dove nemmeno lui era mai stato. Nascosta dietro dei grossi rami trovò Hyppa che piangeva. «Vieni a casa,» le ordinò burbero.

«No,» ribatté lei ostinata addentrandosi ancora di più.

«Guarda che presto farà buio,» disse notando la luce rossastra del sole che tingeva di viola e lavanda l’acqua attorno a loro.

«Così potremo ammirare il tramonto insieme,» Hyppa sbatté le ciglia con aria civettuola, la pinna caudale arrotolata fino alla pancia.

«Oh, smettila!» Sbottò Barg. «Non ci conosciamo neanche! Perché dovrei voler guardare il tramonto con te?»

«Perché tu sei un maschio e io una femmina,» replicò Hyppa come se lui fosse un po’ lento di comprendonio.

«Allora?» rispose allargando le pinne pettorali. 

«La legge della riproduzione ti dice niente? È così che deve andare.»

«A me non interessa, voglio divertirmi ancora. E poi non ti conosco e tu non conosci me.»

«Cosa c’è da sapere? Sei più alto e grande degli altri e hai un bellissimo colore.»

«Sì, questo lo so.» Barg si rimirò per un momento. «Ma non c’entra niente. Tu non sai cosa mi piace fare e io non so nulla di te.»

«Io so che tu mi piaci.»

«Tu pensi che io ti piaccia.»

«Uffa, possiamo allora essere amici, intanto, ti va?»

Barg annuì un po’ incerto, ma stare fuori la notte era troppo pericoloso e non voleva perdere altro tempo. Tornarono alla barriera che già il mare era nero come inchiostro, lei sperava che Barg facesse il cavaliere, ma lui si limitò a nuotarle vicino attento a ogni movimento attorno a loro.

Col tempo saltò fuori che a Hyppa di Barg piaceva giusto il colore e com’era fatto: a lei non piaceva lanciarsi giù dalle rupi o far la posta alle murene per scappare via all’ultimo, poi Barg mangiava velocissimo e non le lasciava mai neanche un gamberetto.  Però scoprirono di andare d’accordo: ad entrambi piaceva la luce del mare al tramonto, ascoltare le storie dei vecchi napoleone, farsi portare dalle correnti calde, chiacchierare con le tartarughe e molto altro ancora. 

Cresciuti decisero di vivere vicini, ma non insieme, in un cespo di lattuga che a Hyppa piaceva tantissimo perché aveva foglie verdi e grasse.  Barg si innamorò di Myrta, una cavalluccia marroncina con cui lo aveva spinto Hyppa a uscire nonostante il suo colore scialbo. Lei gli diede un sacco di figlioli e insieme facevano corse pazze sopra e sotto i coralli e gareggiavano per vedere chi si accaparrava l’ultimo gamberetto, mentre Hyppa si sposò con Phil, un cavalluccio tutto alga e famiglia, un tipo tranquillo che era amico di Barg fin da quando erano nati.

Anna Lisa Manotti

Pubblicato da Piccoli Grandi Sognatori

Progetto creativo e dinamico per grandi e piccini. Immagini e parole a servizio della fantasia.

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