
Il piccolo Michele se ne stava con il mento appoggiato sul davanzale della finestra, guardando il cortile vuoto. Gli mancavano le partite a calcio con i suoi amici; ora potevano parlarsi solo alla finestra e mai per più di cinque minuti, visto che poi le loro mamme venivano a prenderli perché non dovevano correre il rischio di ammalarsi.
Michele sospirò. Non capiva come ci si poteva ammalare stando alla finestra o anche solo passeggiando. Il mondo era diventato strano: tutti non uscivano più da casa, nessuno girava più per le strade.
Si fece triste. Gli mancavano mamma e papà, anche se li sentiva tutte le sere per telefono: il lavoro era così tanto che non potevano tornare a casa, gli dicevano ogni giorno. Ma presto tutto si sarebbe sistemato: doveva solo portare pazienza e fare i compiti.
Chissà perché i genitori avevano sempre la fissa dei compiti; in fondo la scuola non c’era più e tutti erano stati promossi, quindi perché preoccuparsi dei compiti?
Michele sospirò di nuovo. Le cose non erano divertenti come aveva sperato. Quando gli avevano detto che sarebbe stato a casa da scuola, era stato felice: si era immaginato a passare le giornate a giocare a calcio, scorrazzare in bicicletta… invece se ne doveva stare in casa con sua sorella, che era sempre al computer per seguire le lezioni dell’università o chattare con le amiche.
Sentì le palpebre farsi pesanti. Forse dovrei andare a fare un riposino, pensò mentre chiudeva per un attimo gli occhi. Quando li riaprì la sera era calata.
«Ben svegliato!»
Michele si guardò attorno, ma non c’era nessuno.
«Quassù» disse di nuovo la voce.
Michele alzò gli occhi. Un largo sorriso rispose al suo sguardo.
«Salve, sono il signor Pistripello e sono un pipistrello.»
Michele non disse nulla.
«Oh» fece il signor Pistripello. «Hai paura dei pipistrelli?»
«Un po’» fece Michele.
«Pensi che ti mordiamo il collo, giusto?» Con un’ala s’indicò i canini.
Michel scosse il capo. «Papà dice che se un pipistrello ti fa pipì in testa perdi tutti i capelli.»
Il signor Pistripello ci rimase molto male. «Non andiamo in giro a far pipì sugli altri. Siamo mammiferi educati.» Incrociò offeso le ali.
«Mi scusi, non lo sapevo» disse Michele. «Ma cosa ci fa qui?»
«Sono venuto a prenderti: non fa bene stare sempre in casa. Adesso andiamo a fare un viaggetto in un posto che ti piacerà.»
«Mia sorella non mi farà uscire.»
«Ma noi ci andremo volando» rispose il signor Pistripello.
«Io non so volare.»
«Farò in modo che tu ci riesca.»
«E come?»
«Facendoti pipì in testa.»
Fu la volta di Michele restarci male.
Il signor Pistripello sghignazzò. «Sto scherzando. Devi solo allungare una mano e tenerla in alto.»
Quando Michele lo fece, il signor Pistripello aprì le ali e con le zampe gli afferrò l’indice della mano tesa. Insieme si sollevarono nell’aria, sorvolando il cortile, il parcheggio e i palazzi che avevano davanti. Volarono sempre più in alto e tutto sotto di loro divenne piccolo: le auto sembravano tante lucciole, le città alberi di Natale. Passarono sopra boschi e laghi. Incontrarono un gruppo di oche selvatiche che gentilmente li salutarono. Incrociarono anche un falco e un galletto che volavano insieme.
«I galletti non volano» disse Michele.
Il falco sorrise, «Se una cosa si vuole davvero, tutto è possibile» gli disse facendo l’occhiolino prima di proseguire col compagno verso la loro meta.
Mentre Michele e il signor Pistripello continuavano a volare, le stelle cominciarono a comparire in cielo: non le aveva mai viste così grandi e luminose! Erano così vicine che a Michele sarebbe bastato allungare una mano per raccoglierne una, ma il signor Pistripello prese a volare più in basso.
Michele sbarrò gli occhi dalla meraviglia. Stavano sorvolando un mare limpidissimo, pieno di colori turbinanti: c’erano il blu, il verde, il viola che si mischiavano l’uno con l’altro in una danza continua. E poi c’erano tanti pesciolini argentati che si divertivano a fare delle bolle che salivano luccicando verso la superficie del mare; quando scoppiavano l’aria si riempiva del profumo di caprifogli e ginestre.
Michele era così rapito dallo spettacolo che si accorse della spiaggia solo quando fu davanti ai suoi occhi: era bianca come le zanne degli elefanti, piena di conchiglie rosa e fiori dai petali blu.
Il signor Pistripello lo fece salire più in alto, sorvolando delle montagne che sembravano fatte di cioccolata e liquirizia. Un orso lo osservò passare mentre leccava il miele che colava da un grosso alveare dorato.
Poi dalla vallata sotto di loro migliaia di uccelli rossi si levarono in volo, colorando il cielo come se fosse il tramonto.
Michele guardava pieno di felicità e meraviglia.
Prima che la luna calasse, il signor Pistripello lo riportò a casa.
«Possiamo farlo di nuovo?» chiese trepidante Michele.
«Sì, ci vediamo qui domani alla stessa ora. Adesso è tempo di andare a dormire.» Il signor Pistripello lo salutò con un’ala e volò via.
Michele si mise sotto le coperte, non vedendo l’ora che arrivasse la sera del giorno dopo.
Mirco Tondi
simpatico racconto al tempo del COPVID
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