
La figlia minore del re, principessa Cassiopeia, aveva tre grandi passioni: il giardinaggio, la corsa dietro il pallone, i riccioli dorati nascosti sotto il cappello di paglia che la proteggeva dagli sguardi indiscreti, e le lunghe cavalcate al chiaro della Luna. Da vera ribelle in famiglia, appena il castello sprofondava nel sonno, sgattaiolava fuori avvolta nel mantello nero e attenta a non svegliare lo stalliere, saltava in groppa all’amato Pegasus.
Una mattina all’alba, mentre il sole faceva i primi sbadigli e il cinguettio allegro risvegliava la natura, sulla strada di casa il cavallo nitrì nervoso e dimenandosi come fosse appena punto da un insetto cattivo, disarcionò la principessa che cadde dolorante a terra imprecando a gran voce. Un soffio leggero fece volare il cappello di paglia, scompigliando le ciocche capricciose in caduta libera sul volto accigliato. Cassiopeia sbuffò.
«Pegaso, sei impazzito? Potevi uccidermi!»
La principessa si lisciò le pieghe del vestito e si pulì le mani impolverate strofinando i palmi. Quel gesto in apparenza semplice mise in allarme Pegaso. Impaurito, cominciò a calpestare l’erba con frenesia, indietreggiando di pochi passi, prima di rizzarsi sulle zampe posteriori e nitrire di nuovo. Visibilmente confusa, Cassiopeia lo guardava in silenzio, chiedendosi cosa volesse comunicarle. Era la prima volta che s’imbizzarriva in quel modo. Gettò un’occhiata ai dintorni, ma non vide altri animali nelle vicinanze che potessero averlo spaventato e nemmeno uomini, che di solito non si spingevano mai così lontano per paura del buio. L’unica ad aggirarsi per il bosco a quell’ora tarda era lei.
La figlia minore del Re amava e rispettava la natura, soprattutto i fiori: di uguali non ce n’erano da nessuna altra parte del mondo. Gli uccelli le mangiavano dalla mano, per non parlare del fiume che le permetteva di fare le grandi nuotate sotto lo sguardo attento e amorevole della Luna e sulla cui superficie si osservava volentieri perché era l’unico specchio nel regno a riflettere la sua vera bellezza.
Il bosco era il posto più sicuro che conosceva, persino più del castello dove era spesso sola e si perdeva di continuo nelle stanze enormi e fredde. Lì, invece, tra gli alberi fitti e alti, era sempre in compagnia di lucciole che le illuminavano la strada, gufi chiacchieroni che persino quando erano assonnati ascoltavano le sue storie a volte noiose, e scoiattoli con cui giocava a nascondino fino allo sfinimento, prima di rovinare in terra stanca ma felice, inebriata dal profumo dolce.
«Profumo!» esclamò principessa Cassiopeia cercando con lo sguardo la fonte di meraviglia per lei e paura per Pegaso. Appena la notò le sue labbra si schiusero in un fischio. Era il più bell’esemplare che avesse mai visto in vita sua e sospinto dal venticello fresco del primo mattino, si muoveva leggiadro come un ballerino sulla pista improvvisata. Si chinò per annusarlo e sfiorò i petali rosa morbidi al tatto come la pelle di un bambino. Anche se le sarebbe piaciuto annoverarlo tra gli esemplari preziosi del giardino reale in piena fioritura, non ebbe il cuore di sradicarlo.
«Calmo, Pegaso» sussurrò Cassiopeia e si avvicinò all’animale che la scrutava con diffidenza. «È soltanto un fiore, non morde! Adesso ti canto una bella canzoncina. Ti va? Me la cantava sempre la mia mamma per tranquillizzarmi quando avevo gli incubi. Fiorellino mio, non tremare, ora sono qui con te e voglio restare. Fiorellino mio, con me non sarai mai solo, ci alzeremo insieme in volo e guarderemo il mondo da lassù, sorridendo e cantando fino al calar del Sol.» Gli accarezzò il muso. Pegaso nitrì balzando indietro, ma non s’oppose alla dolcezza delle sue mani che continuarono a coccolarlo. Quando fu di nuovo tranquillo, la principessa infilò la gamba nella staffa e in un salto montò in sella.
«Forza, amico mio! Torniamo a casa, è tardissimo! Se le loro altezze non mi trovano a letto al risveglio saremo entrambi in un grosso guaio.»
Cassiopeia afferrò le redini e prima di darsi alla galoppata veloce per affrettare i tempi, diede un ultimo sguardo al fiore rosa che la salutò con un inchino.
una dolce storia di un fiore profumato
"Mi piace""Mi piace"