La foresta

Taja quasi 5 anni (Russia)

Un pomeriggio, Rudolf se ne stava appollaiato su un ramo a tirar pigne contro sua sorella.

«Smettila!» Gli disse lei stizzita, e avrebbero iniziato un bel battibecco se non avessero sentito una voce che chiedeva aiuto.

Lasciarono perdere le loro divergenze e tesero l’orecchio per cogliere la direzione; in breve si ritrovarono davanti a una bambina che aveva un piede incastrato sotto una radice.

«Stai tranquilla,» disse Greta. «Ti aiutiamo noi.»

Rudolf prese a spingere il piede mentre sua sorella tirava l’altra per le braccia e in poco tempo riuscirono a liberarla.

«Grazie,» disse la bambina tirandosi in piedi e ripulendosi dalle foglie e dal terriccio. «Temo di essermi persa, voi conoscete la strada per uscire di qui?»

«Ti accompagniamo volentieri. Io sono Rudolf e lei è mia sorella Greta.»

«Io mi chiamo Gisella,» rispose tendendo la mano.

Il ragazzino si mise in testa al gruppo munito di un ramo per farsi largo fra rovi e felci.

«Sicuri che sia la direzione giusta?» chiese Gisella.

«Sì, l’abbiamo fatta un sacco di volte. C’è un sentiero segnato, ma è più lungo e non ci permetterebbe di uscire di qui prima che venga notte,» rispose Greta con un sorriso.

«Certo che siete pratici di questa foresta. I miei non vogliono che ci venga da sola, ma oggi non avevo proprio voglia di fare i compiti, così sono scappata. Mica immaginavo che mi sarei persa.»

«Da dove vieni?» chiese Rudolf fermandosi davanti a un bivio.

«Da Wolfach.»

«Allora per di qua.» Sollevò deciso le fronde di una quercia mostrando un viottolo che correva sotto fronde così fitte da non far passare nemmeno i raggi del sole. 

«Voi siete di queste parti?»

«Vivevamo a Oberwolfach.» Greta afferrò il polso di Gisella appena prima che inciampasse su un sasso nascosto dall’erba alta.

«Vi siete trasferiti?»

«Sì, qui. La foresta è diventata la nostra casa, non è poi così male.»

«C’è da guadare il torrente.» Rudolf interruppe il loro chiacchierio. «Vieni ti porto io.» Tese una mano verso Gisella che lo guardò stupita. «Saltami sulla schiena. Già ti sei smarrita, ci manca solo che ti prendi un malanno.»

«E tua sorella?»

«Me la cavo da sola.» Greta iniziò a saltellare sui sassi che affioravano dalla corrente, sicura come uno stambecco. 

Rudolf invece iniziò ad attraversarlo a piedi; la corrente gli attorcigliava l’acqua attorno alle caviglie, ma lui avanzava come se neanche sentisse lo sforzo.  Arrivati all’altra riva la depose a terra facendosela scivolare addosso. «Siamo a circa metà strada, arriverai in tempo per la cena.» E si rimisero in marcia. 

«Vi invidio, sembrate così liberi,» disse Gisella dopo un po’. «I miei sono tutto un “non fare questo, fa quello, non andare là, vieni qua”. Passano la vita a darmi ordini. I vostri genitori devono essere incredibili. Potete girare come volete e si fidano tanto da lasciarvi andare in giro da soli. Invece con i miei è tutto un “stai attenta, Gisella”. Mi trattano come se avessi cinque anni, invece di dieci,» sbottò.

«Però oggi ti sei persa davvero.» Le fece notare Greta raccogliendo una manciata di more che diede alla bambina.

«Sì, ma non mi sarebbe successo se non mi tenessero sempre al guinzaglio,» rispose lei, la bocca piena di bacche scure e succose.

«La foresta è un posto pericoloso,  è vastissima e piena di insidie.» La voce di Rudolf era bassa e scura, persino la luce sembrava essersi abbassata.

«Ehi, non arrabbiarti. Dico solo che non voglio crescere stando attaccata alle gonne di mamma.»

«Se non ti avessimo trovato saresti stata nei guai.»

«E se mi avessero insegnato a cavarmela da sola non mi ci sarei trovata.» Gisella mise le mani sui fianchi lasciando delle impronte rossicce sulla maglietta color limone.

«State calmi e continuiamo a camminare, o qua facciamo notte sul serio.» Greta si frappose fra i due tirando, con gentilezza, la mano del fratello.

«Quanto manca?»

«Poco,» rispose Rudolf rabbonito nel vederle una vescica che stava spuntando sul calcagno. «Evita di metterti i sandali la prossima volta che vuoi farti un giretto,» aggiunse a metà fra un rimprovero e una battuta.

«Sei proprio un professorino tu,» ribatté Gisella.

Lui si strinse nelle spalle. «Secoli di pratica.»

«Siamo arrivati.» Greta indicò le luci di Wolfach, distanti qualche centinaio di metri. «Da qua puoi proseguire da sola.»

«Sicuri che non volete venire a casa mia per mangiare qualcosa? Potreste telefonare e farvi venire a prendere con la macchina.»

«Noi non abbiamo l’apparecchio e neanche l’automobile.» Rudolf pronunciò quelle parole con diffidenza. 

«I vostri genitori saranno anche forti, però sono strambi,» considerò Gisella guardando i vestiti antiquati dei due ragazzini.  

Rudolf le batté un colpetto sulla schiena. «Su, vai.»

«Bè, grazie, allora.» Tentennò ancora un poco poi, con un ultimo saluto, iniziò a correre verso il paese.

«Questa è la numero?»

«624. Abbiamo salvato la vita a 624 persone da che siamo qui. Più di cento per ogni secolo.» Rudolf abbracciò Greta per la vita. «Come dicono al giorno d’oggi, siamo forti eh?»

«Puoi dirlo, fratello.» 

Anna Lisa Manotti

Pubblicato da Piccoli Grandi Sognatori

Progetto creativo e dinamico per grandi e piccini. Immagini e parole a servizio della fantasia.

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