
Mancavano pochi giorni a Natale, e Mati lo aspettava con trepidazione. Lui e sua sorella Anneli non vedevano l’ora di ricevere dolci di marzapane e bastoncini di zucchero, oltre a delle nuove calze di lana per sostituire quelle vecchie, tutte rattoppate, che non proteggevano i piedi dal gelo e dalla neve.
Quell’anno in realtà la neve non si era ancora vista. Era un evento raro che a dicembre inoltrato non nevicasse, e i più anziani del villaggio ne erano spaventati, lo consideravano un presagio di sventura. Il padre di Mati però, che faceva il contadino, aveva preoccupazioni più pratiche. I semi sarebbero morti per il gelo o la siccità, e il raccolto del prossimo anno sarebbe stato peggiore di quello appena passato, già scarso.
Mati e Anneli invece erano lieti di poter percorrere i lunghi chilometri che li separavano dal villaggio e dalla scuola senza dover arrancare a fatica in mezzo alla neve e al ghiaccio, ed erano interessati soprattutto alle vacanze in arrivo. Furono perciò molto delusi quando, al ritorno dal villaggio, il padre slegò il cavallo dal carretto, lo portò nella stalla e annunciò che quel Natale non ci sarebbero state spese extra, perché non se lo potevano permettere. Giocattoli e dolciumi erano diventati troppo cari.
La sera della vigilia, dopo la magra cena, la madre diede ad ognuno un paio di robusti calzettoni nuovi decorati con stelle e renne stilizzate, che aveva fatto lei stessa. Anneli se li infilò subito, con un sorriso soddisfatto. Mati invece uscì in cortile con il regalo ancora in mano. Fuori la notte era buia e silenziosa, solo il vento faceva stormire le fronde del grande abete accanto alla casa. In un momento di rabbia, Mati gettò via i calzini nuovi, che finirono tra le radici dell’albero. Se ne pentì però subito, ricordando quanto lavoro la mamma ci aveva messo, così sospirò e andò a riprenderli.
Assalito dallo sconforto, si appoggiò al tronco dell’abete, e pregò perché il prossimo Natale fosse più felice e gli portasse tanti dolci e giocattoli. Gli rispose solo il vento, sussurrando in raffiche brevi e misteriose, in cui gli parve di cogliere un rimprovero. Allora cambiò idea, e chiese invece la neve, così che il prossimo anno potesse esserci un buon raccolto per tutti.
Mentre rientrava in casa, un po’ più tranquillo, un fiocco di neve vagante gli sfiorò la punta del naso. Sollevò la testa e si accorse che il cielo nuvoloso aveva assunto una tenue luminescenza bianca, e che grossi fiocchi candidi iniziavano a cadere tutt’intorno. Tornò di corsa in casa eccitato e chiamò la sua famiglia, che si preparava ad andare a letto.
Si strinsero tutti e quattro sulla soglia a guardare. In quel momento nella massa di nubi che ricopriva il cielo si aprì uno squarcio e apparve una luce dorata. Mentre la fissavano, sorpresi e un po’ intimoriti, la luce scese come una cometa, si posò sulla cima del grande abete e lì rimase, illuminando d’oro tutto il cortile.
Pian piano, dalle fattorie vicine e anche dal villaggio, arrivarono altre persone, attratte dallo strano fenomeno luminoso che avevano visto. Si fermarono meravigliati a fissare l’abete. Alcuni ebbero l’idea di andare a prendere cibi e bevande avanzate, e in poco tempo, sotto la neve che si andava depositando, si radunò una piccola folla. Il figlio del sindaco regalò a Mati e Anneli dei bastoncini di zucchero, mentre la figlia del mugnaio aveva un cestino pieno di biscotti. Qualcuno intonò una vecchia canzone natalizia, e subito altre voci si unirono fino a formare un unico coro.
Quando il freddo iniziò a diventare intollerabile, la gente si rifugiò in casa, nella stalla e nel fienile. Al mattino la nevicata era cessata e una soffice coltre bianca ricopriva ogni cosa, ma la stella era ancora al suo posto. Soltanto il giorno dopo l’Epifania, quando Mati si alzò per tornare a scuola, si accorse che era svanita.
Il Natale seguente tutta la gente dei dintorni attendeva trepidante in cortile, ma il magico fenomeno non si ripresentò. Per rimediare alla delusione, il padre ebbe allora l’idea di fissare una candela in cima all’abete, e i due bambini appesero ai rami delle piccole figure di legno o di paglia, con forme di stella e di angeli. Seguendo il loro esempio ognuno portò una candela, un bastoncino di zucchero, o un frutto candito, e ben presto l’albero ne fu pieno. Circondato dall’allegria generale e dai canti, risplendeva nella notte santa più di qualsiasi stella.
Laura Baldo