
C’era una volta un villaggio di pescatori, dove viveva gente allegra e chiacchierona, con un cuore grande sempre pronto ad aiutare i naviganti in difficoltà. Mai un attrito tra il popolo e gli stranieri venuti da ogni angolo del pianeta, solo pace, amore e gran armonia che vigeva ovunque, anche nei boschi circostanti.
Quando e perché le stagioni cominciarono a mutare di colpo, portando con sé una pioggia nera che spazzava via tutto — colori, odori, gusto —, nessuno seppe spiegare. L’armonia di una volta fu sostituita dalle continue grida, che inevitabilmente sfociavano in litigi; l’amore con un odio profondo delle cui radici non si sapeva nulla; e la pace, andatasene chissà dove, da un conflitto bellico incessante di cui non si intravedeva la fine.
La guerra durava da un bel po’. Il popolo era ormai allo stremo delle forze. I vicini che una volta si davano una mano nei periodi bui non si parlavano più. Forse perché stanca anche lei, o per la voglia di scuoterli dal perenne letargo che aveva avvolto nel suo mantello scuro non solo umani ma anche animali, la terra aveva smesso di dare il nutrimento alle piante salvifiche. Gli alberi con le fronde una volta maestose erano ormai irriconoscibili e tanto inutili che gli uomini avevano cominciato ad abbatterli per ricavarne la legna. Se non potevano mangiare, almeno sarebbero stati al caldo. Così credettero, ma la verità fu che non bastò.
Il gelo con i suoi artigli si era appropriato non solo del villaggio, ma anche del mare, trasformandolo in una lastra di ghiaccio che si perdeva a vista d’occhio. Al popolo non restò che la preghiera. La morte era vicina. I vecchi la sentivano nelle ossa scricchiolanti, e per non arrivare al suo cospetto impreparati avevano già detto addio ai propri cari. I giovani, con un minimo di forze nel corpo, si rifiutavano di accettare la realtà scansando la signora in nero con lo sguardo. Un miracolo, ci voleva un miracolo!
La farfalla Lilla era un tipo curioso: non frusciava una foglia nel bosco senza che se ne accorgesse. Sapeva tutto: l’ora in cui sorgeva il sole e quando veniva sostituito dalla luna alla guardia del cielo, il momento in cui i primi fiori spuntavano sugli alberi e quando al posto loro nascevano i gustosi frutti. In tempi di pace e così in quelli di guerra. Non per nulla fu la prima a portare in giro la lieta notizia.
«Udite, udite — sussurrò all’orecchio del maialino Pinko e della coccinella Nella che sonnecchiavano nella radura l’una sulla spalla dell’altro — nel bosco sono apparse palline colorate in diverse forme e per giunta profumate.» La voce le si inclinò leggermente sulle ultime sillabe, soffocata in una risata appena percettibile, prima che volasse via lasciando i due amici sconcertati e confusi.
«Delle palline colorate…» mormorò Pinko guardando di sbieco Nella saltata nell’aria con un volto ancora assonnato che per un pelo non le fece perdere l’equilibrio.
«… e per giunta profumate! — ricalcò la coccinella con gli occhi spalancati, sbattendo le ali dall’eccitazione — Chissà cosa vuol dire. Devo subito indagare!» E senza attendere una replica del maialino s’alzò in volo seguendo la direzione in cui poco prima era sparita Lilla.
Nel frattempo, la farfallina curiosa aveva fatto il giro del bosco in cerca di animali che non conoscevano ancora la novità, e che novità! Un albero così sano, fiorito, e profumato non si era mai visto da quelle parti, né prima né durante il conflitto. Lilla non capiva quella parola, sentita dagli umani nel porto dove spesso andava a caccia di notizie fresche dal mondo, che poi condivideva con suo fratello Lello, prima di trasmetterle ad amici e parenti che non osavano lasciare il bosco per paura dell’onda di vetro, come chiamavano la lastra glaciale. Doveva però essere molto brutta visto che aveva trasformato il loro villaggio in un rottame. Per non parlare della gente cattiva che invece di gioire al suo passaggio, la scansava con una mano e spesso e volentieri cercava di ammazzarla. Gli altri animali non se la passavano certo meglio: rischiare la vita ogni giorno era diventato così naturale che nessuno ci faceva più caso.
Quell’albero misterioso ora cambiava tutto. Per Lilla era un segno divino. Dovevano sapere tutti della sua esistenza. Grandi, piccini, umani e animali erano accomunati dalla stessa disgrazia e solo insieme, grazie alle palline colorate di forme diverse, ne sarebbero usciti vittoriosi. Dopo aver sparso la voce ovunque, Lilla fece il ritorno nel bosco e al cospetto dell’alberello con i frutti colorati trovò non solo i suoi amici, ma anche alcuni uomini e donne. Supportati dal bastone, si erano trascinati lì, accompagnati dai bambini, a testimoniare con i propri occhi l’avvenuto miracolo. Che la terra avesse donato loro un esemplare simile poteva significare una sola cosa: il disgelo era cominciato ed era una questione di tempo prima che la natura ritrovasse i suoi colori abituali.
Quando il suolo vibrò, scuotendo l’albero, e le palline colorate a forma rotondeggiante cominciarono a cadere per prime, lasciando per ultimi i cuoricini bianchi, tutti i presenti alzarono la testa. Lo stupore ben presto lasciò spazio a una grande gioia, che si tramutò in felicità quando assaggiarono quelli che in futuro sarebbero stati chiamati i frutti della pace. Bastò un morso solo perché una forza nuova s’impossessasse dei corpi stanchi di lottare, e la bocca si schiudesse nel più sincero dei sorrisi che spazzò via il gelo dal villaggio e dai cuori degli uomini per sempre.