
C’era una volta un millepiedi molto elegante e sorridente. Rispetto agli altri della sua specie, aveva una bellezza singolare: era di un colore verde smeraldo brillante con le zampette nere lunghe e affusolate, due grandi ali azzurre e due orecchie rosa.
Pino aveva molte passioni: gli piaceva ascoltare la musica, cantare e collezionava scarpe. Ne aveva tantissime paia, di colori e forme diverse, sempre in tinta con i suoi abiti sportivi e da cerimonia.
Viveva in un paesino di montagna, fresco anche d’estate e pieno di fiorellini. Una mattina, mentre giocava a fare capriole nell’aria e svolazzava canticchiando, incontrò un piccolo albero triste e malinconico. Si avvicinò a lui e lo chiamò, scuotendo dolcemente una fogliolina verde della sua chioma.
«Ciao piccolo albero, come ti chiami? Perché sei così infelice?» disse Pino. L’altro rispose: «Ciao, sono Alberto. Ho pochi amici e questo mi fa stare giù. Spesso mi offendono dicendomi che sono basso e cicciottello».
Il millepiedi ribatté: «Alberto, non devi prendertela così, loro si comportano da sciocchi e hanno bisogno di una lezione. Secondo me, sei molto grazioso e sensibile, qualità che non appartengono a chiunque».
«Pensi che debba trattarli con indifferenza?» disse, con tono intelligente, Alberto.
«Hai visto, hai ben inteso cosa intendevo dirti prima. Dovrai fargli sentire la tua mancanza così, se sono veri amici, capiranno il tuo valore. Vedranno presto sia la tua bellezza esteriore che quella che hai dentro di te.»
L’alberello, asciugandosi con un rametto una lacrimuccia, disse: «Puoi aiutarmi in questa impresa?».
«Certamente! Accetti la mia amicizia?» domandò Pino.
Alberto rispose con un gran sorriso e, da quel giorno, alimentò l’amicizia con il simpatico animaletto.
Si divertivano tantissimo insieme: giocavano a palla, inventavano barzellette e componevano menestrelli. Le loro risate risuonavano per tutta la vasta vallata. Si rallegravano particolarmente quando Pino svolazzava sopra la chioma di Alberto evitando di farsi afferrare e, a sua volta, il piccolo albero si dimenava con tutti i suoi tronchi per acciuffare l’amico e provocargli il solletico.
Le ore trascorrevano velocemente e, ogni volta che dovevano salutarsi, si promettevano di rivedersi l’indomani per vivere altre belle avventure assieme.
Un pomeriggio, i loro giochi vennero interrotti dai fischi di un gruppo di alberelli. Uno di loro, in modo spavaldo e arrogante, rivolgendosi ai due amici disse: «Cosa state facendo? Ogni giorno sentiamo un gran baccano».
Alberto si intimidì e, per tale motivo, intervenne Pino: «Ciò che tu chiami baccano in realtà è Amicizia. Noi ci divertiamo senza burlarci uno dell’altro».
Dopo un fischio fastidioso, un altro albero della banda, ribatté: «Questa notizia mi è nuova. Tu sei un millepiedi alquanto originale, con quelle ali così stravaganti e lui è un albero sfigato. Come è possibile che un animale diventi amico di una pianta?».
Senza nemmeno aspettare che finissero di ridere a squarciagola e villanamente, Alberto intervenne: «Essere amici non significa essere identici. Le nostre diversità, anche familiari, ci arricchiscono» e Pino continuò: «E poi abbiamo passioni, interessi, pensieri comuni e tutto ciò che voi considerate difetti, come le mie ali o l’aspetto fisico di Alberto, sono invece delle caratteristiche che ci rendono unici. Se volete potete chiederci perdono e giocare con noi, altrimenti andate via perché siamo impegnati a divertirci».
Gli alberi baldanzosi, continuando a fischiare e a ridere in modo sgarbato, andarono via gridando: «Siete alquanto ridicoli! Arrivederci!».
L’amicizia di Alberto e Pino continuò a fortificarsi e decisero di celebrarla, scambiandosi dei piccoli doni.
L’alberello si vestì con un frac marrone mentre l’amico millepiedi con uno verde e con delle scarpe nere, lucenti e a punta. Pino ricevette un cappellino a punta color arcobaleno, che simboleggiava la sua allegria e donò all’amico un cuore morbido, rosso e con le ali, per esprimergli gratitudine. Il millepiedi, infatti, riconosceva e apprezzava la dolcezza dell’amico.
Il sole partecipò alla cerimonia in veste di testimone. Era vestito in maniera molto raffinata: inforcava un paio di occhiali alla moda e un sorriso luminoso e ammiccante.
La festa stava per finire quando si avvicinarono, a chioma bassa, il gruppo di alberi. Portavano con sé una torta con su scritto: «Auguri, Amici. Vi chiediamo scusa».
Alberto e Pino si guardarono e abbracciarono i loro nuovi compagni di gioco.
Elvira Morella