
Ar – Rahman, appena sveglia, decise di scrivere una lettera alle sue amiche d’infanzia Arianna e Alessia. Erano trascorsi più di venti anni ma, il ricordo delle sorelle, incontrate durante la permanenza in Italia con i suoi genitori, era un’esperienza piacevole da rivivere attraverso fogli profumati e francobolli.
Era diventata una donna molto bella, i tratti arabi erano evidenziati dalla carnagione scura e dai capelli lunghi e lisci di un colore nero corvino simili alle penne degli struzzi, uccelli tipici della sua terra.
Sul tavolo, in veranda, accanto alla tazza di caffè fumante, c’era la penna stilografica che le sue amiche italiane le avevano donato e subito iniziò a scrivere col sorriso smagliante sulle labbra e gli occhi felici.
Care Arianna e Alessia,
vi scrivo perché, in questi giorni di caldo torrido, non faccio che pensare a noi bambine e all’estate in cui ci siamo incontrate. Eravate le mie care amiche, compagne dei giochi più divertenti e fantasiosi. La mattina ci svegliavamo di buon ora e il nostro appuntamento era sotto il grande albero di gelsi bianchi. Indossavamo scarpe logore e sporche per iniziare la giornata nell’orto, tra le galline e le papere di vostra nonna. Ci rendevamo servizievoli e a metà mattinata, come spuntino, gustavamo pane e olio. Ci sedevamo sulle panchine di pietra grigia (Alessia voleva sempre stare al centro!) e le nostre gambette sottili andavano avanti e indietro senza mai fermarsi, nemmeno quando sorseggiavamo il succo alla pera che preparava la mia mamma.
Un giorno, mentre aiutavamo a innaffiare le piantine di pomodori e di peperoni, mantenendo tra le mani il tubo arancione pesante e lungo ricordo che tu, Arianna, hai urlato a gran voce: «Guardate, una libellula azzurra! C’era una foto sul libro di scienze di quest’anno». Alessia e io, ammirate dallo spettacolo, inseguivamo con gli occhi l’insetto e felici saltavamo e ci sgolavamo dicendo: «Ehi, fermati un attimo, come sei bella!».
Non ho più rivisto una libellula così elegante e raffinata. Aveva un corpo allungato e librava nell’aria in modo leggiadro, sembrava una ballerina orgogliosa che si esibiva davanti a migliaia di spettatori.
Spesso mi ospitavate a pranzo da voi e mi piacevano moltissimo gli spaghetti con il pomodoro fresco e il basilico. Non volevamo mai riposare il pomeriggio e sgattaiolavamo fuori in giardino. Iniziavamo a fare la conta per stabilire chi decideva, per prima, il gioco da intraprendere. Sotto l’albero di albicocca, ci sentivamo trepidanti e fomentate dall’ignoto, non ci mancava l’entusiasmo di condividere momenti spensierati.
Il mio preferito era “nascondino”, a Medina i miei compagni di scuola non lo conoscevano. Quello di Alessia era “Mamma e figlie” mentre Arianna preferiva “Maestra e alunni”.
Le ore trascorrevano velocemente e non volevamo mai salutarci quando i grandi ci richiamavano o per la cena o per pregare.
Un pomeriggio Anselmo, il vicino di casa, ci costruì un’altalena. La seduta era un pezzo di legno liscio e rettangolare tenuto in equilibrio da due funi color sabbia. Ancora ricordo gli sguardi di intesa tra noi quando, a lavoro ultimato, abbiamo convinto quel simpatico ragazzo ad andare a comprare tre pennelli e barattoli di vernice. Avevamo scelto il blu, simile alle sfumature dei nostri insetti preferiti, e il giallo delle balle di paglia che abbellivano i campi estivi.
A lavoro ultimato eravamo diventate irriconoscibili, eravamo tre libellule che scorrazzavano intorno all’altalena con quattro grandi ali trasparenti. Non litigavamo per i turni (solo Alessia si incupiva perché voleva essere sempre la prima!), c’era chi si divertiva a spingere e chi ad afferrare i piedi volanti.
Le risate accompagnavano i nostri divertimenti e la nostra trepidazione nel cambiare attività. Eravamo un trio perfetto e unito, “Le tre A”, appellativo coniato grazie alle iniziali dei nostri nomi.
La sera dell’allestimento dell’altalena è stato fantastica. Eravamo impegnate a posizionare e ad accendere tante candeline intorno a essa e, successivamente, ci siamo messe a ballare seguendo il ritmo rilassante e seducente della musica araba.
Il canto delle cicale faceva da sfondo alla nostra allegria e alla nostra infanzia, incastonata in quei luoghi dove fra tre mesi ritornerò per riabbracciarvi.
E voi avete iniziato a preparare le valigie? Sono così felice che a Dicembre verrete anche voi a Medina con me, potrò farvi ammirare i luoghi della mia cultura e tradizione.
Un bacio alle mie dolci amiche
A presto!
Ar – Rahman
Elvira Morella
ricordi speciali
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