
Fiorina era la figlia della Regina di Cuori e del Re di Fiori. Viveva in un palazzo al centro di un bellissimo giardino, che tutti i nobili in visita fissavano a bocca aperta, ammirati e invidiosi dei suoi prati fioriti, dei sui sentieri sormontati da archi di rose rampicanti, delle sue siepi potate in forme animali o sistemate a formare labirinti. I prati erano attraversati da ruscelli, laghetti e piccole cascate.
Per il suo decimo compleanno, i genitori regalarono a Fiorina un angolo di quel giardino magnifico, tutto per lei. La bambina non credeva alle sue orecchie, e finiti i festeggiamenti volle subito andare a vedere il regalo.
Fu perciò molto delusa quando, superato l’ultimo arco che vi dava accesso, si trovò davanti un semplice prato verde: nessun albero, nessuna aiola fiorita. Nemmeno un fiore selvatico cresceva su quell’erba di un verde brillante.
Fiorina alzò lo sguardo sui genitori, che sorridevano e si scambiavano occhiate, come se condividessero uno scherzo.
Infine la Regina disse: «Per il decimo compleanno è tradizione fare a una principessa o a un principe un regalo che sia anche una prova.»
Fiorina tacque, ancora più confusa, così il Re aggiunse: «La prova sta proprio nel far fiorire il tuo giardino. Se ci riuscirai, allora sapremo per certo che sei una degna erede.»
La bambina si mordicchiò un labbro, sempre più nervosa. «Come dovrei fare?»
«Questo non possiamo dirtelo noi» rispose la Regina. «Ognuno deve trovare il proprio modo, perché per ognuno è diverso.»
Nei giorni seguenti Fiorina, finite le lezioni mattutine, si recò a controllare il suo nuovo possedimento. Ma, sebbene tutt’intorno l’immenso giardino reale fosse un’esplosione di piante e fiori di ogni colore, che brillavano sotto l’intenso sole estivo, nel suo fazzoletto verde non arrivava nessun semino, neppure un trifoglio o un dente di leone.
Avrebbe potuto chiedere al giardiniere reale di aiutarla, ma sapeva che non era quello che i suoi genitori si aspettavano, così si sedette al centro del prato, a gambe incrociate, e chiuse gli occhi per potersi concentrare meglio e trovare una soluzione.
Quando percepì un’ombra calare su di lei e dei passi fruscianti tra l’erba, aprì gli occhi, sorpresa. Vide una bambina della sua età, vestita di azzurro cielo che si intonava alle scarpette, al nastro tra i capelli e agli occhi dallo sguardo ridente. «Ciao» disse la nuova venuta.
Fiorina la fissò ancora più sorpresa. Tutti i bambini della corte le si rivolgevano dandole del voi e chiamandola “Vostra Altezza”, ma forse quella ragazzina era nuova dei dintorni. Decise di approfittarne per lasciare da parte la noiosa etichetta, e fece finta di niente. «Ciao.»
«Ti andrebbe di giocare con me?»
«Sì, volentieri» disse Fiorina, incuriosita.
La bambina tirò fuori da dietro la schiena una palla, fatta di pelli di capra sbiancate, e gliela lanciò.
Lei l’afferrò al volo e iniziarono a giocare. Di tanto in tanto la palla cadeva, o erano loro a rotolare sul prato nella foga del gioco. Dopo un’ora, accaldata e ridente, Fiorina si lasciò cadere sul prato accanto alla nuova amica e chiuse gli occhi per ripararli dal sole, mentre riprendeva fiato.
«Non ti scordare di me» le parve di sentir sussurrare, ma quando riaprì gli occhi la bambina era sparita.
Al suo posto, dove la palla aveva toccato terra, erano spuntate delle ciocche di fiorellini azzurri. Ne colse uno per mostrarlo a sua madre, che sorrise e disse che si trattava di un nontiscordardimé. Fiorina non le disse però dove l’aveva preso, perché voleva che quando avrebbe visto il giardino sarebbe stato ancora più bello.
Il pomeriggio seguente, mentre stava seduta nel solito posto a occhi chiusi, notò di nuovo dei passi. Stavolta era una bambina diversa, tutta vestita di bianco. «Ciao. Io sono Margherita. Vuoi giocare con me?»
Fiorina accettò con piacere e insieme saltarono alla corda che l’altra aveva con sé. In un istante di distrazione, la bambina sparì. Al suo posto, lì dove avevano saltato la corda, era comparsa una distesa di margherite.
Il giorno dopo fu la volta di una bambina vestita di viola, che si presentò come Violetta, e che voleva fare una gara di corsa. A ogni balzo spuntarono qui e là delle ciocche di viole.
Poi vennero bambine vestite di rosso, di rosa e di arancione. Infine venne una giovane donna vestita di verde, con fiori intrecciati nei lunghi capelli.
Fiorina la fissò sorpresa. La ragazza teneva in mano un’altalena. «Non c’è un albero qui per appenderla» le disse.
Senza rispondere, la ragazza si portò al centro del prato fiorito e allargò le braccia. Subito i suoi piedi si allungarono e affondarono nel terreno, mentre la braccia crescevano e si ramificavano. La ragazza svanì e al suo posto c’era ora un grande albero di tiglio, dai cui rami pendeva un’altalena. Fiorina capì che doveva provarla, per ripagare la ragazza-albero. Prese posto sull’altalena e si divertì ad andare su e giù, ridendo, mentre i rami fioriti del tiglio stormivano ridenti in risposta.
Il giorno seguente tornò là coi genitori. Il Re e la Regina guardarono ammirati il prato ricoperto di fiori variopinti e il grande albero al centro. «Come ci sei riuscita?» chiese la Regina.
«Ho solo giocato con delle bambine simpatiche che me l’hanno chiesto.»
«Sei molto fortunata» disse la regina, sorridendo con tenerezza. «Io ho dovuto fare molta più fatica, e non avevo così tanti fiori.»
Il sorriso di Fiorina si spense, pensando fosse un rimprovero, ma la madre continuò: «Di sicuro questo giardino ti vuole bene, perché ha intuito che tu tieni a lui. Sarai una grande regina un giorno.»
«Credi davvero?»
«Certo» intervenne il Re. «E questo ne è la prova.»
Allungò la mano sopra la testa di Fiorina, e lei si accorse con stupore che sopra la sua coroncina era spuntato un fiore a forma di cuore.
D’improvviso seppe cosa fare: lo colse e andò a piantarlo all’ombra del tiglio, nel centro esatto del giardino. Era certa che quel cuore l’avrebbe aiutato a fiorire ancora per molto, molto tempo.
Laura Baldo