
Minimo era il più piccolo della sua cucciolata. Non solo perché era l’ultimo nato, dopo gli altri sei fratellini, quando la mamma pensava già di aver finito e di poter finalmente riposarsi un po’, ma era anche decisamente minuscolo rispetto agli altri. Più corto, più smilzo e con una codina sottile sottile.
Le cose non migliorarono col tempo: i fratelli e le sorelle di Minimo erano più forti, più rapidi, più svegli e succhiavano il latte con tanta foga e golosità che quando infine si staccavano dalla mamma e veniva il turno del piccoletto restavano solo le briciole… sì, insomma, le goccioline. Non stiamo parlando qui di un povero cagnetto affamato da tragedia, sia chiaro, nessun dramma: Minimo mangiava tutti i giorni, riceveva le amorose leccate di mamma e le coccole affettuose delle volontarie del canile, ma tutto ciò non gli impediva di sentirsi come il brutto anatroccolo in versione canina.
Le cose non migliorarono di molto quando i cuccioli crescendo, molto poco nel caso di Minimo, iniziarono a mangiare la pappa nella ciotola: il piccoletto faceva sempre una fatica immane per intrufolarsi tra i corpi massicci e cicciotti dei fratelli e quando infine arrivava al piatto gli restava ben poco da lappare. Allora andava dalla mamma a chiedere una razione aggiuntiva di latte, ma lei rispondeva “sei grande, ormai”, cosa che il minuscolo cagnolino, per ovvie ragioni, non prendeva benissimo. “Sei grande, sei grande… magari!”
Il tempo passò e i cuccioli raggiunsero l’età per essere adottati. Uno dopo l’altro, Palla, Poldo, Bella, Baldo, Spillo e Stella vennero scelti da un nuovo padroncino e salutarono mamma, fratellino e canile con qualche lacrima e molti colpi di coda. Persino la mamma in una domenica di visite incrociò lo sguardo di una signora elegante e fu il colpo di fulmine. Salutò Minimo con molte leccatine e tenere raccomandazioni: “Forza, piccolo mio, vedrai che anche tu troverai il tuo amico a due zampe. Lo sai che è il destino di noi cani tenere compagnia agli umani: senza di noi sono perduti, alcuni non si schioderebbero più da divano e televisione se non li obbligassimo ad andare a passeggio almeno tre volte al giorno. Sono sicura che presto ci rincontreremo al parco felici.”
Minimo guardò la mamma partire con la sua nuova amica per la pelle e bofonchiò: “A chi può mai interessare un cane piccolo come me? A nessuno.”
I giorni passavano e sembravano dargli ragione: nel canile nuovi ospiti arrivavano e ripartivano qualche settimana dopo. Cagnetti pigri e cicciotti adottati da candide nonnine, cuccioli batuffolosi scelti da bambini sorridenti, grandi cani agili e muscolosi preferiti da giovani sportivi appassionati di jogging in foresta. Solo Minimo restava lì, i visitatori passavano davanti al suo box, alcuni si stupivano «com’è piccolo!», altri dovevano addirittura strizzare gli occhi per riuscire a distinguerlo, poco più grande del peluche che gli teneva compagnia da sempre. Le volontarie del canile erano gentili con lui, gli volevano bene, ma Minimo era triste, anche lui avrebbe voluto un umano tutto per sé da portare a passeggio tre volte al giorno. Ma quell’umano sembrava non esistere e il piccoletto si sentiva il cane più solo e sfortunato del mondo. Ormai anche i giorni di visita non lo eccitavano più, non correva alle sbarre del box per vedere e farsi vedere, restava accucciato in un angolo, il muso appoggiato sul suo peluche.
Una domenica però successe una cosa mai capitata prima. Minimo sonnecchiava nel suo angolo quando delle voci squillanti lo svegliarono all’improvviso.
«Mamma, papà, guardate, è piccolo piccolo. Proprio come me. Ha anche il pelo marrone come i miei capelli.»
«Hai ragione, è piccolo come te e sono sicura che è anche altrettanto sveglio e simpatico.»
«E piccolo com’è farà dei buchi più piccoli in giardino e rosicchierà meno cose in salotto.»
«Scegliamo lui?»
All’inizio Minimo non capì subito cosa stesse succedendo, chi fossero quei tre umani, due grandi e uno piccolissimo, piccolo anche per un cucciolo di umani, e ne aveva visti passare, lui, di tutte le forme e le taglie.
Ma quando la porta del box si aprì e quel minuscolo bipede venne ad abbracciarlo, a Minimo sembrò la creatura più meravigliosa che avesse mai visto. E quando una delle volontarie gli agganciò il guinzaglio al collare e lo affidò alla famigliola, il cuore del cagnetto batteva nell’esile petto come mai prima d’allora. Non avrebbe mai dimenticato la gioia di quei primi passi verso la sua nuova vita. Aveva trovato la sua famiglia umana e il suo posto nel mondo.
E ancora oggi, che è sempre un cagnetto piccolo piccolo ma inizia ad avere i primi peli bianchi, accovacciato nella sua minuscola e confortevole cuccia, tra i suoi ossi, giocattoli e l’inseparabile peluche, Minimo sorride, e sa che nessuno è troppo piccolo per essere felice e amato.
Marezia Ori-Elie