
L’uomo orso si aggira per le stradine di un villaggio, stanco e affamato dopo un lungo cammino.
«Cosa non darei per una cucchiaiata di miele» mormora tra sé e sé stringendo i pugni. Senza ricordare come, è arrivato in una piazza con una chiesetta e una fontanella. Il sole splende, gli uccelli cantano, ma delle api nemmeno un zzzz. Deluso, l’uomo orso china la testa.
All’improvviso, un bambino gli spunta davanti e inizia a strillare: maaaammmmaaa, maaaaaammmma, c’è uno che mi vuoleee mangialeeeee. Una signora con un cappellino con la piuma, seduta davanti all’emporio del paese, si alza di scatto e correndo raggiunge il figlio.
«Tesoro, non aver paura. Questo coso — punta l’indice contro l’uomo orso — non ti torcerà un pelo. C’è la mamma a proteggerti.» La donna strattona il figlio in direzione della chiesa ripetendo più volte in modo da farsi sentire dal coso: «Fossi una legge, li rinchiuderei nello zoo!»
Disturbato da tutto quel chiasso, l’uomo orso si allontana dalla piazza grattandosi la testa. La fame lo ha ammorbidito, altrimenti avrebbe fatto vedere a quella signora e al piagnucolone di suo figlio le buone maniere. Un ospite si tratta sempre con riguardo e non come fosse un appestato.
Nelle vicinanze di una casetta di legno, l’uomo orso smette di camminare e nel tentativo di attirare l’attenzione degli inquilini inizia a fischiettare. Una vecchietta con il grembiule e le mani infarinate si affaccia alla porta, ma appena lo vede, il volto della donna si rabbuia.
«Aiuto, aiuto, c’è uno che mi vuole mangiare!»
All’udire di nuovo quelle parole, l’uomo orso spalanca la bocca cercando di capire il motivo di un’accoglienza così gelida. È vero che ha un aspetto trasandato e la pelliccia non è nuova di zecca, ma da lì a pensare che è venuto con intenzioni malvage ce ne passa. Cosa avrà mai fatto di male per farsi odiare dalla gente di quel villaggio?
Cammina di qua, cammina di là; annusa di qua, annusa di là; uno sguardo a sinistra, uno a destra; uno avanti, uno indietro; ma delle api nemmeno un zzzz. Sconsolato e ormai allo stremo delle forze, l’uomo orso si accascia a terra e schiaccia un pisolino per recuperare almeno un poco di energia. È immerso in un sogno bellissimo, con una tavola imbandita con delle ciotole piene di miele color oro. Ha le mani appiccicose, nonché un sorriso beato sulla faccia pelosa, e mangia con un tale trasporto che la terra sotto i suoi piedi sembra muoversi.
«Ah, questa sì che è la vita» mormora nel sonno gongolando quando, tutto d’un tratto, le luci intorno a lui si spengono. Allarmato, l’uomo orso comincia a gridare:
«Miele, dov’è il mio miele? Ragazzino insulso, sei stato tu a derubarmi o è stata tua madre? O forse la nonna? Sì, quella vecchia pazza, dev’essere stata lei! Ladri!»
All’aprire gli occhi, scuotendosi dall’incubo, l’uomo orso vede la faccia di una bambina bionda china sopra di lui.
«Signor orso, si è fatto male?»
È la prima volta da quando è arrivato in quel villaggio di pazzi che incontra una persona gentile ed educata. L’uomo orso sorride.
«No, cara, ho fatto soltanto un brutto sogno. Che sollievo averti incontrata! Finalmente qualcuno che conosce le regole del bon ton. Come ti chiami?»
«Stella. Cos’è il bonotono?»
«Piacere di conoscerti, Stella. Il bon ton, si pronuncia quasi come il bonbon — l’uomo orso si ferma, al solo pensiero di qualcosa di dolce ha l’acquolina in bocca — è una serie di regole di comportamento dell’alta società.»
«Cos’è l’alta … sociatà?»
«Si pronuncia società, è un circolo di persone importanti come principi, duchi, principesse.»
«Mamma mi chiama principessa!» esclama la bambina e fa un inchino.
«Mi fa piacere. Senti, cara, ho bisogno di aiuto.»
«Si è perso, signor orso, e deve trovare la sua casa?»
«Proprio così, cara.»
«E dove vive? In montagna? Gli orsi di solito arrivano da lì.»
«I veri orsi sì, ma io non sono proprio un orso. Sono… sono un principe orso.»
«Di alta sociatà?»
«Sei una bambina intelligente e perspicace.»
«E vive in un grande castello?»
«Mmm, sì.»
«E quante stanze ha? Organizza i balli? Ha una moglie e figli? Come si chiamano?»
«Una bambina intelligente, perspicace, e chiacchierona. Sì, a tutte le domande.»
«Sì a cosa?»
«Senti, Stellina, rimarrei volentieri a chiacchierare, ma devo trovare la strada di casa e ho una fame da lupi, cioè da orsi.»
«Che problema c’è, venga a cena da noi.»
«Avete del miele, per caso?»
«Mio nonno è l’apicoltore!»
L’uomo orso batte le mani. Per una cucchiaiata di miele farebbe di tutto, incluso seguire a occhi chiusi una bambina troppo curiosa.
«Dobbiamo camminare ancora a lungo? Sono stanco.»
«Poco, poco.»
«L’hai detto già dieci volte! Quanto è quel poco, poco?»
«Poco, poco» risponde la bambina con serietà.
Poco, poco qui, poco, poco là, poco, poco, lì, e dopo aver attraversato il bosco, arrivano davanti a un’altra casetta di legno. Stella chiama per nome una donna che si affaccia alla finestra. Ha un foulard in testa e le guance e le mani infarinate. Saluta la nipote con un vezzeggiativo e un ampio sorriso, ma appena lo sguardo le si posa sull’uomo orso, si porta le mani al volto:
«Stella! Avresti dovuto dirmi che abbiamo un ospite. Venite, ho preparato una crostata di miele.»
L’uomo orso saluta la donna con un cenno del capo, sorridendo. Nella veranda, mentre sorseggiano il tè e mangiano il dolce, non solo ritrova il vigore, ma anche il pelo marrone si schiarisce poco a poco, fino a diventare il tessuto morbido di un vestito elegante degno di un vero principe.
La gentilezza, dirà la nonna alla nipote quella sera chiudendo il libro delle favole, ripaga sempre. Chi guarda il mondo con il cuore, e non soltanto con gli occhi, troverà in ogni situazione il modo di aiutare il prossimo.
una bella favola che termina col principe orso. Complimwnti
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Grazie! Mi sono divertita molto a scriverla. Sono felice che ti sia piaciuta!
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serena serata
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