
Efren viveva sulla costa orientale del Messico, dove sostavano miliardi di pescherecci che facevano da cornice alla graziosa isola, contraddistinta dal mare verde della folta vegetazione e dal mare blu delle acque dell’oceano.
Era da tempo che progettava il suo viaggio in compagnia del giovane cane Benito e, quel pomeriggio, si sentiva molto eccitato al pensiero di doverlo attuare fra pochissimi giorni.
Nonostante avesse solo quattordici anni era stato abile a ricercare, in maniera dettagliata, informazioni sulla navigazione marittima.
Avrebbe preso in prestito, senza autorizzazione, “Colima” l’imbarcazione viola dello zio André per raggiungere l’Isola Talento che tutti consideravano pericolosa perché abitata da esseri speciali con il potere dell’invisibilità.
Il giorno prima della partenza clandestina, mentre mordicchiava in modo vorace pane tostato con burro di arachidi per colazione, sentì un fischio provenire dal frigorifero. Più faceva finta di non udirlo e più quel suono diventava acuto.
Quando Benito si avvicinò, lo aprì e rimasero sorpresi da ciò che videro: una pallina gialla, morbida e paffuta, con due occhioni verdi che sorrideva compiaciuta.
«Salve, ragazzi!» disse a gran voce «Mi chiamo Fortunato e domani vi accompagnerò nell’isola dell’invisibilità». Dopo che ebbe ripreso fiato ed emesso un risolino alla vista dei visi, alquanto sbalorditi e increduli, dei due amici, riprese: «Voi sapete che dove andremo è sempre giorno e gli abitanti sono felici e indaffarati nel portare a termine solo ciò che amano?»
Efren rispose: «Stai dicendo che non hanno obblighi e possono dare libera espressione ai propri talenti?» «Eh sì, proprio così! Solo quando raggiungeremo l’isola potrete capire perché tutti la considerano pericolosa» concluse Fortunato.
Mentre Benito stava leccando le scarpe da ginnastica del suo affezionato padroncino, quest’ultimo esclamò: «Siamo pronti, partiremo all’alba! Non vedo l’ora di scoprire i motivi per cui gli abitanti hanno il potere dell’invisibilità e tanta libertà per esprimersi».
All’alba i tre giramondo, quatti quatti, raggiunsero “Colima” e partirono.
Erano ammirati dal cielo già molto limpido e splendente e avevano sul corpo la sensazione di frescura del giorno appena nato.
Dopo un’iniziale fatica la barca riuscì a procedere verso il mare aperto. Benito e Fortunato si dilettavano alla vista della punta anteriore dell’imbarcazione che tagliava, in modo delicato ma deciso, le piccole onde e avanzava spedita. Sotto il pelo dell’acqua si potevano scorgere coloratissimi pesci di varie dimensioni, entusiasti di ricevere i zampilli e la spuma che Efren produceva guidando il timone.
Trascorsero diverse ore di viaggio e i tre naviganti si davano aiuto e coraggio a vicenda; tutto stava procedendo secondo i piani nonostante stesse arrivando una tempesta.
All’improvviso, Efren lasciò il timone a Fortunato, prese un cannocchiale ed esclamò: «Davanti ai nostri occhi c’è uno scoglio gigante, la carta nautica non lo segnalava». E con voce interrogativa riprese: «Ora come faremo? Il vento non è certo a nostro favore per evitarlo».
Efren riprese a manovrare il timone con tutte le sue forze, mentre Fortunato ribatté: «Non preoccuparti, abbi fiducia in te stesso! Benito e io gestiremo le vele della “Colima” e ti aiuteremo».
Non finì nemmeno di pronunciare le ultime sillabe che si misero subito a lavoro. Ognuno di loro aveva un ruolo importante, se volevano davvero raggiungere l’isola.
A un certo punto, vi fu un breve ma inteso movimento oscillatorio della “Colima” che li fece emettere un grido e un guaito di spavento ma riuscirono a evitare lo scoglio e a continuare il loro viaggio.
Il vento era forte e le acque molto gonfie e agitate; i tre naviganti iniziavano a essere stanchi ma la loro tenacia li faceva resistere.
Efren, dopo lunghi momenti di silenzio e concentrazione disse con voce più rilassata del solito: «Quanto tempo è trascorso dall’inizio del nostro viaggio?»
Fortunato rispose: «Non so dirti con precisione ma la luce comincia ad essere più tenue e il sole ci sta salutando». Il ragazzo con voce squillante disse: «Cosa ne dite se attracchiamo e facciamo una sosta per rifocillarci, ormai la bufera si è placata».
I due amici, ognuno a proprio modo, diedero un chiaro cenno di assenso.
Si addormentarono e quando si risvegliarono continuarono il viaggio per tutta la notte. Dentro di loro sentivano tanta energia positiva e un forte spirito d’iniziativa.
Non vi furono altri imprevisti e, prima di quanto se lo aspettassero, videro in lontananza la splendida Isola Talento. Efren, con il consenso di Benito, subito esclamò: «Secondo me, si è spostata per agevolare la nostra navigazione e permetterci un gioioso arrivo. Finalmente posso mettere i piedi su questa sabbia argentea». Fortunato, ascoltò le parole di Efren ma non rispose, fece un sorriso di assenso, proprio di colui che non vuole dire molto ma vuol far capire all’altro che ha indovinato.
Appena scesero rimasero per un attimo ad ammirare il paesaggio apparentemente molto silenzioso. C’erano alte palme di cocco che si alternavano ad alberi massicci rigonfi di frutti succosi e a piantagioni di pannocchie.
Efren prese Benito in braccio e, pieno di stupore, disse: «Attraversiamo questo campo di grano, è così invitante. Mi piacerebbe creare dei bellissimi cappelli, con la barba delle pannocchie, per proteggerci dai forti raggi solari». Fortunato rispose: «Sì andiamo, sicuramente qualcuno o qualcosa ci attenderà». I due amici non capirono cosa volesse dire ma, in fin dei conti, il loro compagno era stato da sempre molto misterioso.
Efren correva e gridava di gioia: «È bellissimo stare qui dentro, c’è una frescura e un odore buonissimo di mais e di erba. Sembra non finire mai». Dopo una breve pausa aggiunse: “Fortunato tu sai dove ci porterà questo sentiero?».
Appena terminò la frase il ragazzino si fermò di colpo: «C’è un uomo lì che sembra parlare da solo. Ma come faccio a vederlo, non dovrebbe essere invisibile?». Benito ringhiava e Fortunato rispose: «Avvicinati, sii gentile perché soltanto lui potrà rispondere alle tue curiosità».
Efren si incamminò con ai piedi il fedele Benito. Arrivò più vicino all’uomo e si fermò per un attimo a guardarlo. Era alto, magro e di mezza età. Aveva i capelli e i baffi perlati di grigio, un cappello intrecciato con la barba delle pannocchie e sulle spalle portava un grosso cestino di legno colmo di mais e frutti di stagione.
«Salve, siamo appena giunti su quest’isola» disse Efren con tono fiero tanto da sembrare eccessivamente sicuro di sé. In realtà aveva paura della reazione dell’uomo non invisibile.
«Ciao ragazzo, benvenuto! Ti aspettavo!» Efren, sbalordito, ribatté: «Mi aspettavi? Ma tu chi sei? E poi, non dovresti essere invisibile?»
L’uomo si sedette su una roccia e guardandolo dritto negli occhi dichiarò con tono deciso: «Io sono Efren del futuro per questo sono visibile a te e ai tuoi amici» e mentre lo diceva rivolse una sguardo a Benito e a Fortunato.
«Stai scherzando?» sentenziò Efren, «Come è possibile?». Efren del futuro ridacchiò e aggiunse: «Sei stato coraggioso ad arrivare fin qui, quest’isola non è pericolosa ma semplicemente qualcuno non ha creduto alla propria visione ed è andato via molto arrabbiato pensando di essere stato beffeggiato».
Efren ragazzino non riusciva a pronunciare parola e disse soltanto: «Vuoi spiegarti meglio? Perché sei qui? Perché ti sto vedendo?».
Efren del futuro rispose: «La curiosità ti ha portato fin qui e puoi rimanere tutto il tempo che vorrai. Potrai osservare come noi, in questo luogo meraviglioso, ci godiamo la vita senza farci molti problemi e senza assolvere a nessun obbligo. Tu potrai abitare un po’ qui con me e, se vorrai, cambiare ciò che non ti piace del tuo futuro e coltivare le tue passioni».
Il ragazzino lo interruppe: «Vediamo se ho capito bene: potrò “mettere mano” al mio futuro per renderlo ancora più interessante?». «Esatto giovanotto» riprese Efren del futuro «Se farai solo ciò che desideri sarai un uomo soddisfatto, nel lavoro e in famiglia».
Si diedero una forte stretta di mano per sancire la loro alleanza. Benito e Fortunato, ognuno a proprio modo, espressero la loro felicità per questo incontro originale e videro correre un cagnolino anziano e dolce verso di loro.
Elvira Morella
chissà se esiste davvero l’isola Talento 😀
Un bel racconto. Complimenti
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Grazie di cuore❣️ Esiste per chi sá riconoscerla ❣️🍀📝🌎⛵
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