
C’era una volta un grande albero dalle radici profonde e dai maestosi rami che sorgeva su una verde collinetta. Non era una pianta come tutte le altre perché era parlante e aveva il dono di poter esaudire un desiderio al mese a chiunque glielo domandasse. Le sue fronde si protendevano verso il cielo e poi magicamente, come fossero due braccia, porgevano il dono richiesto. Era davvero un albero fatato, ma profondamente triste perché non aveva nessun frutto, era secco, e si sentiva usato dalle persone che lo tormentavano con impazienza e di continuo.
La popolazione del villaggio che sorgeva alla base della collinetta, infatti, lo assillava con i più strampalati desideri. Un signore dalla grossa pancia, una volta salito con fatica e arrivato sotto l’albero dei desideri, così veniva chiamato, chiese di ottenere una grossa torta al cioccolato. La pianta, illuminandosi tutta, gliela porse dopo alcuni istanti, flettendo uno dei suoi rami secchi. Una vecchina bassa e curva, scalata la collinetta, desiderò di essere ringiovanita e in men che non si dica l’albero la accontentò sfiorandole con le foglie la gobba che sparì all’istante.
Quello che rendeva triste l’albero dei desideri era che non poteva far a meno di accontentare tutti, anche gli abitanti più egoisti e cattivi. Infatti un giorno un brutto ceffo desiderò di essere il più ricco del villaggio e la pianta dovette assecondarlo, donandogli due sacchi enormi di monete d’oro. Il denaro rese quel tale ancora più avido, tanto che promise alla pianta magica che sarebbe tornato anche il mese dopo. L’albero dei desideri era davvero esausto e quella notte pianse amaro fin quando al mattino seguente non sentì una voce dolce e tenera salutarlo.
«Ciao, io sono Margherita, tu come ti chiami?» gli chiese una bimba di appena sei anni.
«Mi chiamano l’albero dei desideri, e ora scommetto che anche tu vorrai chiedermi qualcosa. Avanti, cosa vuoi, un gattino, un cagnolino? Tanti giocattoli da non poterne più fare a meno?» le rispose scontroso.
«No, io voglio solo abbracciarti perché ti voglio bene». L’albero rimase stupito, in tanti anni nessuno gli aveva sfiorato la corteccia resa spessa dal tempo e soprattutto nessuno gli aveva manifestato amore. La bambina lentamente si avvicinò sotto le fronde della maestosa pianta e ne cinse il tronco con le braccia rimanendo in quella posizione per lunghissimi minuti. Fu l’albero, addolcendosi, a interrompere il silenzio e a domandarle: «Margherita, dimmi, sei sicura che non vuoi chiedermi nessun desiderio?»
«Una cosa ci sarebbe..» disse la bimba sciogliendosi da quel dolce abbraccio.
«Ecco, lo sapevo!» disse la pianta magica intristendosi «Sei come tutti gli altri…»
«Io desidero che tu fiorisca e che abbia tanti frutti che potrò raccogliere per mangiarli con la mia mamma e il mio papà».
L’albero sorrise amaro e rispose: «Non posso dare frutto perché gli uomini del villaggio mi hanno consumato con le loro richieste assurde e sono diventato secco».
«Ti annaffierò ogni giorno e ti donerò tanto amore» gli rispose con dolcezza Margherita.
«Sei così gentile, tesoro» disse l’albero «ma ora torna a casa o i tuoi genitori si preoccuperanno».
«Domani mattina sarò qui e mi prenderò cura di te» promise la bambina. Così fece e per un mese intero andò dall’albero dei desideri innaffiandolo ed estirpando le erbacce che gli soffocavano le radici. Più passavano i giorni, più la pianta si irrobustiva e cominciò a fiorire e diede il primo frutto: una dolcissima pesca. Dato che era trascorso un mese, l’uomo avaro si ripresentò sulla collinetta per chiedere altre monete d’oro poiché le aveva spese tutte. Vedendolo, Margherita provò a fermarlo, ma il brutto ceffo la spinse via e si rivolse severo all’albero dei desideri. La pianta sembrava rassegnata ad accontentarlo, ma quando provò ad allungare le sue fronde per esaudirlo, al posto dei denari comparve un sacco colmo di frutti: si era tramutato in un normalissimo pesco. L’uomo si arrabbiò e voleva abbatterlo, ma Margherita strillò così forte che alcuni uccelli, richiamati dalle sue grida, vennero a scacciarlo via, beccandolo sulla testa. Così l’uomo fuggì e non tornò mai più.
Da quel giorno gli abitanti del villaggio, alla base della collinetta, andarono tutti i giorni a trovare il pesco, abbracciandone il tronco e leggendo sotto le sue fronde, godendosi l’ombra che la pianta donava loro.
Complimenti Giulia!Testo interessante e raffinato…un trionfo all’amore e alla cura!
Mi hai ricordato la penna di Rodari!
Aspetto il prossimo! 😉
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