
C’era una volta il coniglio Sbiriglio.
Era l’unico, nella cascina, a non avere fratelli.
Tutti gli altri coniglietti avevano una famiglia così numerosa che una mamma, Sora Lella, che ne voleva avere tanti tanti, aveva chiamato i suoi Numero 1, Numero 2, Numero 3 eccetera, sino a 11!
Ma Sbiriglio era un tipo contento comunque, felice di gustare le squisite carote e di giocare a nascondino nell’aia e nell’orto con gli amici.
Non aveva paure assurde, perché la mamma gli aveva spiegato che la paura ci è stata data come aiuto per non farci del male. Se non avessimo paura del fuoco, lo toccheremmo e ci bruceremmo, no? Invece, il vero pauroso è chi esagera. Per esempio, chi non fa il bagnetto perché ha paura di bagnarsi le zampette.
Ecco una bella mattina di sole nell’aia e Sbiriglio, a occhi socchiusi, si gode il tepore della primavera, quando sente un grido… Drizza le orecchie lunghe per ascoltare meglio e capire chi l’ha lanciato. È Numero 7 della Sora Lella. Un piccolo tenero e un po’ pauroso, e sta gridando vicino all’orto.
Gli sta strisciando vicino, per spaventarlo, un orsetto lavatore.
Sbiriglio gli va accanto adagio e gli dice, sottovoce: Non guardarlo nella maschera dei suoi occhi. Ha tutta la forza lì. Se non lo guardi più e vieni via con me se ne va, perché a lui non piace attaccare, è pigro.
Numero 7, tremando, se ne va via con Sbiriglio.
Intanto, il padrone del cortile ha rinforzato la rete intorno al terreno, per tenere lontani i predatori. È un terreno pietroso, anche difficile da scavare per gli animali che cacciano i conigli e le galline.
Poco dopo, i due giocano con gli altri coniglietti, tutti lontani dal procione (si dice anche così).
Mamma Sora li controlla anche lei, perché i grandi hanno la vista più lunga per i pericoli. Si chiama esperienza.
Mariangela Romanisio