
Silvia era un’anima solitaria imprigionata nel corpo di un’adolescente silenziosa. Alta, magra, con dei capelli dorati raccolti sulla nuca in due piccole crocchie laterali e le cuffiette sempre nelle orecchie. A differenza delle coetanee, non andava pazza per gli outfit costosi. Il suo segno distintivo erano una vecchia tuta da ginnastica e le comodissime snickers consumate dall’amore per la corsa.
Il padre di Silvia era un ricercatore. Per colpa sua, da quando aveva iniziato le medie, Silvia aveva cambiato scuola ben tre volte. In nessuna di queste era mai riuscita ad ambientarsi e per fuggire dai ghigni e dai commenti maliziosi che la mettevano a disagio si chiudeva in un mondo tutto suo fatto di musica e sport.
La famiglia aveva fatto l’ennesimo trasloco all’inizio dell’anno accademico. Un nuovo gruppo di ricerca per il padre, una nuova classe per Silvia. Appena aveva messo piede nell’aula, le teste dei compagni si erano girate nella sua direzione squadrandola dalla testa ai piedi. Conosceva bene quello sguardo, era lo stesso che suo padre dedicava ai topi del laboratorio. Infastidita, abbassò gli occhi e intrecciò le mani davanti al busto dondolandosi sui talloni.
Mentre l’insegnante la presentava, tra le pareti dell’aula si levò un mormorio, accompagnato dalle gomitate e dalle risa sotto i baffi. Un’altra scena già vista mille volte. Silvia si strinse nelle spalle e andò a sedersi al banco indicato accanto a un ragazzino riccioluto che non la salutò nemmeno, comportandosi come se fosse trasparente. Nessuno quel giorno le rivolse la parola.
Durante la ricreazione, Silvia si appartava sempre in un angolo del corridoio per mangiare il panino vegetariano — un’altra stranezza per cui era presa di mira — e ascoltare la musica. Il suo sogno più grande era di esibirsi un giorno su un palcoscenico vero e davanti a un pubblico che gridava con entusiasmo il suo nome coprendola di fiori e peluche. Aveva un gran talento. Non lo dicevano solo gli insegnanti di canto, ma anche la nonna, da sempre sua fan accanita.
Un giorno di autunno inoltrato, tornando in classe Silvia ascoltò le compagne parlare dell’audizione per la recita di Natale. Erano tutte eccitate all’idea di esibirsi davanti al Maestro che sceglieva solo gli alunni migliori. L’anno precedente alcune di loro avevano avuto ruoli importanti e si aspettavano di ottenere di nuovo il medesimo risultato. Appena si accorsero di Silvia smisero di chiacchierare e la fissarono a bocca aperta.
«Guarda, guarda chi c’è, la ficcanaso!» esclamò Francesca, la mora seduta dietro a Silvia e la ragazza più popolare della classe.
«Vattene via, spia. Non sono discorsi che ti riguardano!» ricalcò Sofia, la bionda che condivideva il banco con Francesca e la sua migliore amica.
«Suvvia, non siate maleducate. Silvietta ha tutto il diritto di provare a entrare nel cast della recita. Con quel suo vocione la vedrei bene nel ruolo della strega» ridacchiò Marta, la più cattiva del gruppo. Non era la prima volta che trattava Silvia con scherno. Da quando l’aveva sentita cantare nel bagno non perdeva occasione di rendere la sua vita un inferno.
«Se vuole fare una brutta figura, faccia pure. Chi siamo noi per proibirglielo?» disse Francesca e si girò sui tacchi.
«Giusto. Se è così masochista da farsi cacciare dal Maestro con un calcio nel sedere non è un affare nostro» la spalleggiò Sofia andando dietro alla reginetta della classe senza degnare di uno sguardo Silvia.
«Non dica poi che non l’abbiamo avvertita!» sentenziò Marta prima di raggiungere le altre due.
Una volta al banco Silvia sprofondò in una gran tristezza e non poté evitare di chiedersi perché era sempre difficile farsi accettare. Cosa aveva di diverso per meritare di essere presa in giro di continuo? Non si interessava della moda e i discorsi frivoli la annoiavano, ma non per questo era una marziana. Il canto era la sua vita e salire sul palco della scuola poteva essere un ottimo trampolino di lancio. Già s’immaginava gli occhi umidi della madre e della nonna in prima fila. Era però un sogno irraggiungibile. Il Maestro sceglieva solo le eccellenze e lei ancora lontana dall’esserlo sia nella voce che nell’aspetto.
«Perché piangi, tesoro mio?» le aveva chiesto la nonna al rientro a casa. Si era tolta il grembiule ed era corsa ad abbracciarla.
«Sono triste, molto triste.»
«Sai cosa facciamo? Preparo una cioccolata calda e mi racconti tutto. Va bene?»
Tra un sorso e l’altro Silvia sfogò tutta la sua frustrazione e la rabbia per non essere in grado di difendersi quando serviva e soprattutto di lottare per realizzare i suoi sogni. L’anziana l’ascoltò con calma e quando ebbe finito di parlare la prese per mano e guardandola negli occhi disse con dolcezza:
«Adesso asciugati i lacrimoni. Avere un attimo di debolezza è umano, capita a tutti. Anche a me! Domani andrai a iscriverti alla selezione. D’accordo?»
«Nonna…»
«Ti fidi di me? Allora è deciso. Quando il Maestro sentirà la tua voce angelica rimarrà sbalordito e quelle tre arpie diventeranno verdi dall’invidia!»
«Ma se loro sono più brave di me!»
«A parlare, sicuramente, ma a cantare? Le hai mai sentite?»
«No, ma l’anno scorso…»
«E allora di cosa stiamo parlando? Tu sei una cantante nata ed è giunto il momento che la tua classe lo sappia. A fare una magra figura saranno loro, non tu.»
Incoraggiata, la mattina successiva Silvia andò di corsa a iscriversi all’audizione che si sarebbe tenuta quella sera stessa. Approfittò del pomeriggio libero per scegliere con cura il brano e fare qualche prova al pianoforte. Arrivata nell’auditorio, non si scompose per i risolini delle tre streghe che non le facevano più paura e quando salì sul parco e si posizionò con sicurezza davanti al microfono, tutte le sue incertezze svanirono alle prime note di White Christmas.
«Non ho parole. Ragazzina, dove ti sei nascosta tutti questi anni?»
Silvia arrossì.
«Mi sono trasferita da poco, Maestro.»
«E canti da tanto?»
«Studio da quando ero piccola.»
«Si vede, hai una tecnica poco comune per i ragazzi della tua età. Benvenuta nella squadra! Il prossimo!»
Passando davanti a Francesca, Sofia e Marta, Silvia sfoggiò un sorriso trionfante fiera di se stessa per aver avuto il coraggio di superare le sue paure e rendere indimenticabile il ricordo della sua prima importante recita di Natale.